Premiaty > MONDO JUNIOR Dicembre 2017

Bambini che amano stare da soli

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Capiamo come analizzare il comportamento dei bambini che tendono a preferire la solitudine

L’idea che la socialità sia una condizione normale nei bambini è da sempre insita nelle aspettative degli adulti nei confronti dei loro figli. Quando i piccoli non sembrano troppo interessati ai giochi con i loro pari, spesso i genitori si preoccupano o temono di dover affrontare un problema di ansia sociale o di eccessiva timidezza. Anche se è realistico pensare che la paura di relazionarsi con gli altri possa a volte essere la spia di un effettivo problema di ansia, sia essa sociale o di separazione dall’adulto, è importante non giungere a conclusione affrettate, e cercare di osservare il bambino, sia da un punto di vista comportamentale sia emotivo. “Stare soli” non è necessariamente un indicatore di rischio: esperienze di solitudine temporanea, se scelte dai bambini, non denunciano un’incapacità sul piano sociale e relazionale o una condizione di sofferenza, ma possono, al contrario, favorire lo sviluppo di determinate competenze e, soprattutto, agevolare l’acquisizione di una propria identità interiore.

L’importanza della solitudine

Come sosteneva il pediatra e psicoanalista Winnicott, la capacità di stare da soli è un tassello necessario per la costruzione dell’identità. Si impara a stare da soli grazie alle figure primarie, che agevolano tale facoltà costruendo un buon equilibrio tra vicinanza e lontananza con il bambino. Secondo Bowlby, madri evitanti o ambivalenti (che passano dall’essere distanti fisicamente ed emotivamente all’essere eccessivamente soffocanti) difficilmente aiuteranno il figlio a sviluppare la capacità di stare da solo: nel primo caso il piccolo inibirà i suoi bisogni, nel secondo li amplificherà. Nonostante siano due condizioni differenti, il risultato è l’incapacità di maturare la solitudine come un momento di esplorazione di sé e del mondo esterno, un momento nel quale poter identificare sé stesso e riconoscere le proprie emozioni. In tal senso, la capacità di rimanere da soli, e di giocare da soli, può essere uno strumento importante per la costruzione delle future competenze sociali, che si basano primariamente sulla consapevolezza di sé stessi e sulla capacità di autoregolazione emotiva. Le competenze sociali vengono definite come le capacità di relazionarsi con gli altri in senso più profondo, ovvero sperimentarne i vissuti, i pensieri, fino a comprenderne i bisogni. In tal senso, l’empatia è lo strumento più importante per poter costruire un’adeguata competenza sociale.

Molti o pochi amici?

Non sempre chi afferma di avere numerosi amici è dotato di reali competenze sociali. Gli individui con una personalità narcisista, per esempio, possono avere molte amicizie, essere apprezzati da una moltitudine di persone, ma sperimentare un basso, a volte inesistente, livello di empatia. I soggetti con rapporti sociali “selezionati”, intimi e duraturi, d’altra parte, possiedono solitamente buone competenze sociali. Sono persone che apprezzano la solitudine e la preferiscono quando il loro benessere psicologico è messo potenzialmente a repentaglio. Individui dotati di tali risorse abbandonano i legami disfunzionali e non si affannano a cercare l’approvazione degli altri, proprio perché sono in grado di stare da soli.